lunedì 23 marzo 2020

(497) The Field Mice - Emma's House

EP: Emma's House 
Anno: 1988



Quante chitarre ci sono, da sempre, appoggiate di fianco al letto nell'ordinato disordine di tante camerette adolescenziali? Quante canzoni sono state scritte in quelle quattro mura? E quante addirittura registrate lì dentro, con strumentazioni di fortuna? Qualcuno ha coniato la definizione bedroom pop, ed è diventato quasi un genere. I canoni? Semplicità esibita, livelli di strumenti e voci sballati, un'idea di spontaneità più o meno sfrontata.
Certo, non sempre funziona. Ci vuole prima di tutto la canzone. Se c'è quella, puoi riempirla o svuotarla come vuoi, ma funziona sia registrata in salotto che agli Abby Roads. 
Prendete Emma's House dei Field Mice. Robert Wratten e Michael Hiscock, due ventenni della periferia londinese, l'hanno concepita così sullo scorcio degli anni '80: strimpellando una chitarra acustica e una elettrica (Robert), un basso (Michael) e una drum machine, inseguendo una linea melodica di malinconica luminosità, quietamente circolare come l'alternarsi pigro dei giorni in un decoroso grigio suburbio inglese, e cantando liriche di onesta solitudine sentimentale, che è la colonna di ogni serio songwiting quando hai vent'anni. 
Quando l'hanno incisa per davvero in uno studiolo dietro casa (niente più che un'altra cameretta, in verità!) - destinata a diventare il 7" numerato 012 della Sarah Records - non hanno aggiunto nulla. La canzone c'era già. Ed era, nella sua gentile cristallina sincerità, nel suo inesorabile sovrapporsi di chitarre, nei suoi versi che sfiorano l'autocommiserazione ma si fermano sulla soglia e vanno incontro all'alba, un capolavoro.



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