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lunedì 6 aprile 2020

(495) The New Pornographers - The Bleeding Heart Show

Anno: 2005
Album: Twin Cinema



Creatura strana i New Pornographers. Amati e odiati parimenti dalla critica. Quasi sempre ignorati dal pubblico, pur meritando una attenzione almeno tripla rispetto a quella che hanno ottenuto nella loro lunga carriera. "La" band (una della band in verità) di quel geniale songwriter che è AC Newman. O piuttosto un specie di comune con Newman al centro, una serie di formidabili musicisti attorno, e la personalità vocale di Neko Case a dare una dimensione defintia ad un progetto che ha sempre avuto confini poco certi. 
I puristi dell'indie li hanno sempre definiti power pop. I puristi del power pop hanno sempre dichiarato che non lo erano, qualsiasi cosa sia il power pop. E poi Neko Case è una cantante alt-country. E in fondo gli album dei canadesi sono sempre stati come quella vasca di legno che conteneva i cd in offerta nei vecchi negozi di dischi: potevi tirare su letteralmente di tutto.
Bene. The Bleeding Heart Show rappresenta il frullatore dei New Pornographers alla massima potenza possibile. C'è alla base una ballad essenzialmente folk e sostanzialmente mesta, voce (di Newman) acustica pianoforte, che ciondola tra un misto di cupa serietà e di energia trattenuta per più di un minuto. Poi è come una porta che si apre lentamente mentre gli strumenti entrano poco alla volta: la batteria, risoluta, dei synth discreti, un accordion che ondeggia una melodia quasi straniante,  e la voce di Neko che accende la luce nella stanza... Poi, da 2:10, uno dei crescendo più straordinari della storia del rock. Una specie di polifonia semplice e inesorabile, con delle memorie africane (possibile? sì, siamo in casa Ac Newman) e un impianto country (possibile? sì, siamo in mano ai poteri vocali prodigiosi di Neko Case). Con la batteria di Kurt Dahle che rimbalza geometrica da una parte all'altra e spinge l'intera band in un'accelerazione a perdifiato. Tanto che si dimentica tutto: che siamo dentro una canzone su una relazione finita, che siamo davanti a un gruppo indie rock o power pop o quel che è, che prima o poi la porta si deve richiudere e la luce si deve spegnere. The Bleeding Heart Show, signore e signori...

lunedì 16 marzo 2020

(498) Magnetic Fields - All My Little Words

Album: 69 Love Songs
Anno: 1999




Tempo fa qualcuno chiese a Molly Rankin quali fossero i suoi modelli di songwriting. Il primo nome che fece fu quello di Stephin Merritt. Il che, se ci pensiamo, sarebbe una risposta saggia e sensata per chiunque scriva canzoni.

Credo che molti di voi abbiano avuto tra le mani quell'oggetto buffamente ingombrante che è "69 Love Songs" dei Magnetic Fields, la band di Stephin Merritt: folle concept album triplo che conteneva, per l'appunto, 69 canzoni d'amore, giustapponendo generi in modo programmaticamente onnivoro e mantenendo un livello di scrittura miracoloso che variava tra il geniale e l'eccellenza pura. Ma era un oggetto difficile da gestire, "69 Love Songs", in cui quasi tutti hanno dovuto tracciare propri percorsi personali d'ascolto. All'epoca ne ricavai un paio di personali best of, cercando di rimettere a posto il quadro dei generi e seguendo ovviamente i miei gusti personali. 
Fra le 69 canzoni d'amore quella a cui sono più affezionato è senz'altro All My Little Words, che è una piccola preziosa ballata folksy (come ce ne sono molte nel disco), dove alla voce da crooner gentile di LD Beghtol è affidata la disincantata sorridente commovente narrazione di un amore che non si potrebbe mai realizzare not for all the tea in China, not if could sing like a bird, not for all North Carolina, not for all my little words, not if i could write for you the sweetest song you ever heard... Come se non fosse proprio questa la "canzone più dolce che tu abbia mai ascoltato"...